Studi, guerra, prigioni…
24-03-1914 – nasce a Biella (maternità) da Enrichetta Mello Rella e N.N e dato a balia.
1914-1923 vive con la madre a Banchette c/o Cappio e frequenta le elementari.
Successivamente a Ca’ dla Rossa, ove, riconosciuto dal padre Emilio, festeggia il
matrimonio dei genitori a 9 anni e vi abita per un anno.
1924-1925 – Abita a Veglio e ultima le elementari a Pettinengo. Frequenta la zia Angiolina (Paolina Mello Rella-sorella della madre) alle Piane di Pettinengo.
1926-31 – Abita a Veglio e lavora come manovale edile, manovale imbianchino e
successivamente come attaccafili in cardatura Viotto e poi da Pietro Bertotto alla Romanina, fino a diventare tessitore.
02-1932– Don Brovetto-parroco di Veglio lo raccomanda c/o il Podestà comm. Giuseppe Bertotto per avviarlo agli studi. Padre Remo Cappio – filippino – lo fa studiare a spese del Bertotto al collegio Orselli di Forlì.
02-1932/09-1932 – recupera tutto il primo ciclo magistrale (4 anni in 7 mesi) media del 7.
1932-1934 – segue il regolare corso magistrale (seconda fase-3 anni) presso lo stesso collegio
1934-1935 – Torino ultimo anno corso magistrale presso scuola statale- Diploma di maestro.
1935-1937 – si iscrive a Magistero a Torino ed è alloggiato presso parenti. Si mantiene anche insegnando alla scuole elementari di Mosso S. Maria. La ginnastica del sabato in piazza la dirige senza indossare la camicia nera.
1937-1940 – passa a Magistero presso l’Università Cattolica del S. Cuore di Milano dove si laurea il 14-06-1940 con una tesi sullo spopolamento montano in Valsessera relatore il prof. Nangeroni. All’Università ottiene un posto gratuito al Collegio su pressione del Parroco ed è il primo laureato del Biellese alla Cattolica. Per tutto il corso di studi è comunque garantito della generosità del Bertotto.
15-06-1940 – arriva a Veglio con la laurea in tasca nel giorno in cui il padre è coinvolto in una rissa e ferisce a coltellate il vicino. Tempo qualche giorno per cercare l’avvocato a difesa del padre in carcere, sistemare i genitori presso la foresteria del Santuario di Banchette (ove resteranno sino al 1954), che parte per la scuola Allievi Ufficiali di Bassano da dove esce col grado di sottotenente.
Sett. 1940- febbraio 1941 – Bassano-Aosta Alpini 41a compagnia del battaglione Aosta
febbr. 1941- dicembre 41 – è inviato in guerra in Francia (che aveva già firmato l’armistizio)
1942-/ 8 settembre-1943 -Guerra nei Balcani (Croazia-Montenegro)
Settem./ottobre-1943 – Tentativo di resistenza ai tedeschi in territorio ostile, anche per la presenza del nazionalisti cetnici, si arrendono ai tedeschi.
1943-1944 – prigionia in Germania Belgrado-Mappen-Deblin Irena (Polonia) -Sandbostel – Oberengen – Wietzendorf Oflag 83-
19-12-1944 – RIFIUTO DEL LAVORO e CAMPO DI PUNIZIONE Unterluss (Gestapo) alle dipendenze del KZ di Bergen Belsen presso la fabbrica Rhein-Metal.
08-02-1945 – Ospedale cattolico S. Giuseppe di Celle per pietà di un medico tedesco.
12-04-1945 – Liberazione da parte degli Inglesi.
Agosto 1945 – Ritorno a casa e raggiunge la fidanzata (in ferie) alla Sella di Mosso.
27-12-1945 – Sposa Franca Cravello e abita a Biella. Dalla unione nascono cinque figli: Paolo ’46, Mariacristina ’49, Alberto ’51, Gianmaria ’54, Enrica ’58.
1946-1976 – E’ insegnante di italiano storia e geografia all’avviamento e poi alle scuole medie di Novara dove insegna anche latino (sede di primo ruolo). Passa a Biella alla S. Media Marconi sino agli anni 70 e poi al biennio del ITC Bona di Biella sino alla pensione. E’ presidente dell’UGB (società sportiva Unione Giovane Biella), scrive di ciclismo sul biellese sotto pseudonimo. E’ attivo, come militante cattolico, nell’ UCIIM (Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medie) e vicino agli ambienti della democrazia cristiana di sinistra. Nei primi anni 50 dirige la Colonia estiva per i figli dei dipendenti UIB Vallemosso nel fabbricato di Villa Piazzo a Pettinengo dal 1947 al 1960 di proprietà della UIB. E’ membro dell’A.N.A., dell’UNUCI e dell’ANED
1976 – In pensione, riprende a scrivere (dopo gli scritti post-bellici) editando “Terra nostra”. Divide la sua vita fra Biella e la casa di Veglio. Con la liquidazione, finisce di pagare i debiti (a banche, conoscenti e parenti) per aver fatto studiare i figli.
1981 – Oltre all’Encomio Solenne del 9-9-1949 “Internato in un campo di concentramento, in condizioni ambientali difficili, fortemente sollecitato, torturato e minacciato di gravi sanzioni da parte della potenza nemica detentrice perchè aderisse al lavoro, manteneva contegno fiero e sereno, rifiutandosi di aderire – Straflager di Unterluss 16-02-1945.”, gli viene riconosciuta la pensione vitalizia di guerra (sic!).
1984 – riceve dal Presidente Repubblica Pertini e dal Ministro difesa Spadolini, il “Diploma di onore al combattente per la libertà d’Italia 1943-1945”. L’esercito lo congeda col grado di capitano e, successivamente, lo gratifica del titolo onorifico di Tenente Colonnello degli Alpini.
9-1-1995 – Si spegne presso la sua abitazione di via Rosmini a Biella.
Video di Riccardo Poma
Diario della mia infanzia
SCRITTO NEL CAMPO DI PRIGIONIA DI DEBLIN IRENA (POLONIA)
[…] Fui dato a balia in quel di Bornasco. Il primo ricordo che ho di me è sul balcone di casa di mia zia Angiolina, a Pettinengo, con vesti femminili, a guardare sulla strada e nel cortile di tra le sbarre, come coniglio in gabbia. Poi mi vedo all’Asilo Infantile a scorrazzare con gli zoccoletti di legno sul pavimento di mattonelle del ricreatorio […]
Questo mio zio
[…] Questo mio zio, alto e robusto, vecchio cannoniere piemontese, grandi baffi e piglio severo specie con mio padre, fino a che non si decise a fare verso mia madre tutto il suo dovere, era un po’ per me come il nume di famiglia: non l’avevo visto che una o due volte a Banchette con la zia, era rimasto tutto nella mia immaginazione, veniva dalla Francia a svernare nelle annate buone, ci voleva molto bene, noi gli volevamo pure bene e aveva tutta la mia ammirazione. La casa paterna era indivisa ancora tra mio padre e lo zio: mio padre però non aveva diritto che alla legittima, ma lo zio ci aveva fatto capire che la casa era come nostra […] Arrivate le vacanze, avevo appena compiuto gli undici anni, tornai a fare l’aiuto muratore dallo stesso impresario dell’anno prima in una casa che si stava costruendo a Pettinengo. Avendo conservato la brutta abitudine di rilanciare i pezzi di mattone, una volta che feci la cosa con il vecchio zio dell’impresario soprannominato “Tumatica s….a” poco mancò non fossi licenziato dal lavoro […]
Ciliege, noci e castagne
[…] Le ciliege nel tempo di maturazione, attirano la
nostra golosità: si parte per la spedizione con l’accetta e si troncano i rami, quando non addirittura le cime dei ciliegi. Fortunatamente ci sono le castagne, per tutti: a me piacciono particolarmente le bruciate e quelle secche. Mi riempio le tasche quando parto per la fabbrica, e ne mangio da procurarmi il bruciore di stomaco. Mia madre è costretta a mettere sotto chiave le noci e castagne secche perchè ne mangio troppe. Del resto non si mangiano cibi ricercati in casa mia: caffè e minestra al mattino, polenta e verdura, formaggio e uova a mezzogiorno, minestra e formaggio alla sera. La carne è data da qualche coniglio, allevato in casa e per le feste, da qualche pollo o vecchia gallina. Ma è sufficiente il pane e la polenta, o quanto sufficiente, ora che scrivo!. Dal macellaio si va di rado, ma nelle migliori annate si alleva il maiale in casa e si fanno i salami di una metà o almeno di ¼! E abbiamo quasi sempre la mucca, anche se non sempre con il profitto che si potrebbe sperare! […]
IL COLTELLO
15/06/1940 – Racconto dei fatti che portarono al processo
“Sono arrivato fino all’età di 68 anni senza mai aver fatto male a nessuno, vivendo onestamente del mio lavoro per la mia famiglia e sacrificando tutto per fare studiare, se pur aiutato da una buona persona, mio figlio E. che a soli 18 anni faceva ancora l’attaccafili e che oggi a 26 è professore di belle lettere. Non riesco a spiegarmi come abbia potuto trascendere fino al punto di ferire. In quel momento, come spiegherò dubito, non ero più cosciente di quello che facevo e per il dolore della botta alla testa e per la vista del sangue che mi grondava dal capo e per le botte che i miei assalitori mi davano. Certo l’episodio del 15 giugno (1940 ndr) non sarebbe avvenuto se prima, per il passato io e la mia famiglia non fossimo stati fatti oggetto, di continuo a provocazioni, dispetti, insulti da parte delle famiglie del M.B.G. e della M.S. Sono, (o meglio ero perchè adesso abito a Pettinengo (Banchette di Bioglio ndr), vicino di casa di quella gente. Posseggo una casa e un po di terreno a Veglio; affitto poi a poca distanza dalla casa, un orto che confina da un lato colla proprietà del M.B.G..Fin da quando era ancora viva la mia povera mamma, questa era solita fare continui favori e piaceri ai miei vicini. Imprestava caffè , zucchero etc…Mai che una volta i favori fossero contraccambiati e che almeno in parte la roba prestata fosse restituita. Quando morì mia mamma ordinai a mia moglie di vivere per conto suo in modo che ognuno rimanesse a casa sua; io e la mia famiglia nella mia casa e i miei vicini nella loro. Ciò per non aver più troppi rapporti con quella gente che non lo meritava certo, sopo tutto ciò che era stato fatto per loro, troppi riguardi. Da ciò venne che i miei vicini se la presero e cominciarono i loro dispetti e provocazioni. Insulti; piccoli piccoli dispetti etc..Ma io, appunto per non venire a parole, non diedi mai retta alle loro chiacchiere, quando mandai a studiare mio figlio, i miei vicini incominciarono a sparlare in giro di me e di mio figlio dicendo che eravamo dei morti di fame e che non potevano spiegarsi come io potessi fare studiare il figlio. Inoltre se la presero molto perché io più di una volta inibii loro,sia pur magari solo verbalmente, di valersi di un passaggio pedonale davanti alla mia casa loro non spettante. Da qui le loro risposte cattive e provocanti e le loro ingiurie. Io più volte volli reagire e fare valere con una querela le mie ragioni. Ma mio figlio che vuole in paese stare amico con tutti (ed io capisco che ha piena ragione di ciò) sempre me lo vietò, pregandomi di avere pazienza e dicendomi che era sua intenzione, allo scopo di non litigare, di farci mutare abitazione e di venire via da Veglio. Infatti, quando avvenne il fatto io era da tempo che stavo cercando alloggio altrove e stavo per combinare proprio a Pettinengo ove ora risiedo colla mia famiglia. Tutta questa serie di soprusi e di provocazioni sfociò nell’episodio del 15 giugno. Devo dire che già da tempo lamentavo il continuo ingresso nell’orto da ma affittato e che sopra ho ricordato, di parecchie galline dei miei vicini. Bisogna essere contadini e lavorare la terra e più specialmente coltivare un orto a verdure per capire il danno che portano le galline che pestano e beccano tutto, rovinando tutto e portando via tutto. Seminai, ad esempio della insalata 3 volte a causa di quelle galline. Avevo avvertito più volte dell’inconveniente i miei vicini senza risultato. Essi si accontentarono di dire a mio figlio che chiudessi il mio orto se non volevo che vi penetrassero le loro galline. Lo feci chiudere con una palizzata di rovi e di pali e di frasche. Non ero in grado di fare una spesa per una rete metallica o un assito in legno. Ma le galline continuavano a portare danno perchè riuscivano a penetrare dentro egualmente, senza che i miei vicini le governassero anche per un solo minuto alo scopo di evitare che vi entrassero. Il giorno 15 le vidi di nuovo alla mia risposta che io avrei ammazzato le galline la E. mi venne incontro con il bidente. Allora mi ritrassi indietro e feci alcuni passi di corsa per sottrarmi da lei. Ma quella continuava a venirmi incontro. Siccome procedevo all’indietro allo scopo di non cadere mi abbassai in avanti. In quel momento sentii un violento colpo alla testa alla regione cervicale, infertomi dalla E. con il tridente. Per il dolore della botta reagii e afferrai la donna per le braccia e la spinsi contro il muro allo scopo di disarmarla. Mentre eravamo in collutazione io e la donna mi sentii aggredire con un pugno alla schiena. Mi voltai e vidi il M.B.G. Che prese a colpirmi decisamente. In quel momento (prima non me ne ero ancora accorto) mi accorsi vedendolo che il sangue mi grondava sul volto. Cominciai a spaventarmi. In quel mentre sentii le voce della S. ( che già prima avevo vista lavorare vicino in un orto) gridare: “dategli, forza che vengo anch’io e lo ammazzeremo” E anche quella si unì agli altri due per battermi. Ricevetti colpi e graffi al volto. Quando stavo per essere sopraffatto e col sangue che mi bagnava gli occhi, non vidi più. Diedi piglio al coltello e colpii a due riprese. Mi pare colpii subito la S. Poi colpii un’altra volta. Ma se dovessi dire che in quel momento mi accorsi di aver colpito anche il G., direi il falso. Adesso so purtroppo con sicurezza di aver colpito anche il G. Ma allora non me ne accorsi. E fuggii via dopo aver gettato il coltello e mi diedi a correre. Andai a lavarmi alla fontana e poi senza sapere più quello che mi facevo mi recai da C.A. e poi fui fermato da C.I. Passando davanti a casa sua. Andai da mia moglie:le narrai l’accaduto e poi mi diedi a camminare verso lo Strona ove trovai mio figlio che mi riportò a casa”. Questa è la deposizione ufficiale del nonno sull’accaduto, deposizione che risente di un sostanziale aiuto dell’avvocato difensore.. Le cinque lettere dal carcere di mio nonno non hanno nulla di gramsciano. Una è scritta il giorno stesso del fatto, tutte lamentano in genere la richiesta di tirarlo fuori al più presto, che il figlio non si fa sentire e che l’avvocato scelto dal figlio non è riuscito a fare avere la libertà provvisoria, minacciando di cambiare avvocato. Solo la prima è scritta di suo pugno perchè contiene “quore” e “bacci”, mentre le altre sono state dettate. E’ il XVIII anno dell’era fascista.
L’ 08-08-1940 l’avvocato scrive. “Il capo di imputazione è il seguente: lesioni gravissime con arma, con pericolo di vita per futili motivi. Speravo che non ci imputassero almeno i futili motivi. Ho studiato attentamente e lungamente il processo. In verità vi devo dire che il medesimo non mi è piaciuto troppo. Bisognerà dedurre, per quanto possibile, delle testimonianze atte a provare quanto meno la provocazione, se non la legittima difesa o l’eccesso colposo.
Dalla lettera dell’avvocato, di deduce che, nel frattempo, la libertà provvisoria era stata ottenuta. C’è da pensare al risarcimento delle parti che, una volta avvenuto potrebbe portare alla riduzione della pena ad un terzo. In nonno è senza soldi è il figlio è militare. Le lesioni vengono derubricate da dolose in colpose e il nonno è libero, mentre l’avvocato, in assenza di mio padre, cura il resoconto sul Biellese e sul Popolo Biellese nei confronti dell’impatto sull’opinione pubblica.
Ma è la parcella dell’11.11.0940 che chiarisce l’iter del giudizio:
26-06.1940 sessione con il prof. Mello
27-06.1940 sessione con il G.I.
01/02/06.07.1940 sessioni con il prof. Mello
08-07.40 sessione fra avvocati
08-07.40 sessione per disanima documento degenza parti lese
09-07.40 sessione fra avvocati
11.07.40 conversione in contanti di titoli di stato per tacitazione parti lese
15.07.40 pagamento per tacitazione parti lese
16.07.40 sessione con il G.I.
20.07.40 domanda libertà provvisoria
20.07.40 presentazione domanda e libertà provvisoria ottenuta in serata
26.07.40 sessione con il prof. Mello
29.07.40 sessione in tribunale per visione perizia medica
02.08.40 sessione in tribunale per accesso agli atti processuali
07.08.40 istanza per fissazione dibattito
08/12/17.08.40 sessione con il prof. Mello
20-08.1940 sessione con il G.I.
02-09.1940 sessione con imputato e figlio mattino e pomeriggio banca per ulteriore vendita titoli – esame fascicolo processuale
30-09.1940 sessione con imputato memoria difensiva
02-10.1940 sessione con prof. Mello – studio fascicolo processuale esame dottrina
03-10.1940 processo tutto il giorno Il tutto al prezzo speciale di 1000 lire per la fase precedente al processo e 1000 lire per il processo, più le spese per 291,05 lire.
Il tribunale condanna Mello Rella Emilio “Bisili”, dopo 38 giorni di carcere preventivo, per lesioni personali ad anni uno di reclusione colla sospensione condizionale della pena. L’estratto della sentenza, in nome di S.M. Vittorio Emanuele III per grazia di dio e per volontà della nazione Re di Italia e di Albania, Imperatore d’Etiopia è datato 2/11/1940, e siamo già nel XIX anno dell’era fascista. Dopo il 28 ottobre infatti cambia l’anno di riferimento fascista.
Lettera ai genitori
1932-1938: corrispondenza Orselli
Forlì, 17 febbraio 1932
[…] cari genitori, sono giunto senza incidenti a Forlì martedì mattina alle 4,29 aspettato alla stazione da padre Cappio, superiore dell’istituto.(* fratello delle sorelle Cappio del Piazzo nella casa davanti a quella dove apparse la madonna e meta di pellegrinaggi con mio padre). Qui mi trovo molto bene, sono ben visto e mi aiutano molto nella studio. Abbiate fiducia e vedrete che fra qualche anno le cose cambieranno e potrete star meglio anche voialtri. Per il viaggio ho speso 120 lire compreso il bagaglio. A proposito mi rammento che quel giovane di Bioglio, dal quale ho comperato il clarino, devo ancora 85 lire, e voi mi fareste un vero piacere se gli saldaste questo debito […]
Veglio, 4 marzo 1932
[…] carissi(mo) figlio Emilio, vengo ri(spondere) la tua cara lettera la quale mi fa molto piacere a sentirti che tu stai bene e così ti rispondiamo della medessima salute. Caro Emilio vengo dirti questi paesi sono sempre lo stesso sempre lagelossia tu sai bene come fano questa brutta gente. Bisonia avere pazienza per non fare del cattivo sangue… Sono tantto contento benisimo e o (ò) tendato dire che tu stai bene che tutti ti vogliono bene contento. Bisogna fare atenzione aendire lo studio per essere presto Uomo quando ai finito lo studio. Basta caro Emilio per tu tu farai bene prendere quella via li perche fra brevi tu sarai una possizione che tu sarai contento […]
Carissimi genitori
[…] sono già trascorsi più di tre mesi dalla mia partenza. Come vi sono sembrati questi tre mesi senza di me?. Io sento accrescermi ogni giorno l’affetto verso di voi e non passa giorno che non pensi a voi con amore. Come vi ho già detto altre volte è solamente il trovarmi bene qui che mi fa dimenticare in parte la lontananza da voi. Caro papa’ cosa fai a casa? Lavori ancora dal Commendator Bertotto mio Benefattore? Ti prepari già a tagliare il fieno? La campagna promette bene? Se doveste vedere la campagna attorno a Forlì, restereste meravigliati. E le bestie vanno bene? Cosa avete fatto dei caprettini? Papa’ come ti trovi in mezzo alla gente di frazione Mello? Cara mamma cosa ti sembra senza di me? Mi pento di averti molte volte fatta disperare. Cari genitori, la vostra salute è ottima? Io mi sento molto bene. Sono ingrassato anche molto […]
Mon cher petit Emilio
Veglio 22-02-37 […] je t’ècris pour donnè des nouvele de ta pauvre maman tu sais elle pleurais quand elle la recus ta lettre de voire qeu tu est parti en colere da la maison elle les tres contente de voir que ta santè vas toujour bien et ainsi qu’elle plus une lettre comme sas fait le pour ta pauvre maman pour quoid il lui à fait bien mal. Elle la recu cette lettre lee pleurer tu sais sa me fais pas plaisir de voir pleurer ta pauvre maman. Si je vais j’ais tois je vais pour toi et ta pauvre maman. Ton papa il chaux plus tu sais il les pas mèchant. Quand j’ais vus cette lettre tu sais il ma fait bien mal de voir que tu est perti en colere. J’ais dit a ton papa qu’il fesais bien mal de faire comme sa avec toi. Ta pauvre maman elle dit que tu les conte pas que tu vien encore à la maison. [… ] Emèlia Botto